Nel 1897 Mascagni, mentre sta componendo Iris, comincia a lavorare a una nuova opera, intitolata provvisoriamente Commedia, che ha come soggetto le maschere della Commedia dell’Arte e che gli viene proposta dallo stesso librettista di Iris, Luigi Illica. «Far risorgere la Commedia dell’Arte mi pareva e mi pare compito degno di un artista di coscienza. Rossini, il grande ottimista del nostro teatro, non aveva forse col Barbiere di Siviglia attinto alle sorgenti più pure della Commedia dell’Arte?». Questo il compito che il compositore si era prefisso nelleMaschere: opera che, secondo l’editore Sonzogno, avrebbe dovuto diventare La pietra del paragonedi Mascagni.
Parabasi. La sinfonia dell’opera viene interrotta dall’impresario Giocadio, che presenta i personaggi: ognuno descrive la propria personalità.
Commedia. Rosaura ama e vorrebbe sposare Florindo, ma Pantalone l’ha promessa in sposa a Capitan Spavento. Brighella, fidanzato di Colombina, amica di Rosaura, la convince ad accettare il volere del padre: ci penserà lui, durante la festa di fidanzamento, a risolvere la situazione. Brighella ha messo una polverina magica nel vino: e così tutti straparlano, gridano, sono in preda a una sorta di follia; Tartaglia smette addirittura di tartagliare (“Rapida glottide discioglie chiacchiere”). Nella confusione generale, il dottor Graziano si allontana con la valigia del Capitan Spavento. Per impedire le nozze, Colombina si lascia corteggiare da Arlecchino, il servo del Capitano. Nella valigia del Capitano vengono quindi trovati degli arnesi da scasso: è un ladro e un truffatore. Pantalone acconsente allora alle nozze di Rosaura e Florindo, che gli promettono, al più presto, un Pantaloncino. Tutte le maschere intonano un inno alla Maschera italiana (“O Maschera italiana”).
Oltre al Costanzi di Roma, sei teatri di sei città italiane (Scala di Milano, Carlo Felice di Genova, Regio di Torino, Fenice di Venezia, Filarmonico di Verona) presentarono in contemporanea la ‘prima’ dell’opera (a Napoli si andò in scena con due giorni di ritardo, per un’indisposizione del tenore). Ma solo a Roma, dove dirigeva l’autore, si ebbe un successo: nelle altre città furono vivissime le contestazioni. Se Mascagni aveva preso il Rossini comico a modello, come mai nell’opera si rideva poco? E come giustificare le inserzioni di pagine eccessivamente sentimentali? Vennero inoltre contestate alcune scene del primo atto: alcuni temi ricordavanoIriseLa bohèmedi Puccini. Il pubblico non era preparato a questo Mascagni, così diverso rispetto a quello delle sue precedenti prove; non comprese, o non volle comprendere, la deliberata commistione di stili creata da Mascagni (dal comico al patetico), il suo tono da gioco ironico, il gusto per la citazione. Il suo omaggio al mondo ormai lontano delle maschere avviene rispettando i canoni dell’opera buffa (il concertato della polverina che rende tutti folli) o per mezzo di arie e danze antiche, come la pavana o la furlana. Il compositore punta su un genere ‘neoclassico’, gioca battendo sul tasto della leggerezza: ogni maschera, alla sua presentazione, ha una precisa caratterizzazione musicale; inoltre la strumentazione è accurata, l’organico orchestrale volutamente ridotto. D’altra parte, forse l’intreccio è troppo denso e comporta qualche eccessiva lungaggine, tanto che il compositore, dopo la ‘prima’, apportò delle modifiche tese a uno snellimento. Ma il gioco del teatro nel teatro, la grazia settecentesca di certe pagine, l’originalità della formula ne fanno un’opera moderna, già prossima a quel clima neoclassico che sarà una delle espressioni fondamentali di tanto Novecento musicale successivo.